Una partita di miele su due importata nell’UE è sospettata di essere fraudolenta e spesso non viene individuata

Un rapporto della Commissione europea rivela che una buona parte del miele importato in Europa è sospettata di essere fraudolenta e spesso non viene individuata. Su 320 lotti di miele analizzati dal laboratorio del Centro comune di ricerca (CCR) per conto della Commissione europea, il 46% non era davvero miele. Le copie fraudolente contengono sciroppi di zucchero ricavati dal riso, dal grano o dalla barbabietola da zucchero. La maggior parte del miele adulterato proviene dalla Cina e dalla Turchia.

 

 

Il miele contiene naturalmente degli zuccheri, ma, come stabilito dalle norme dell’UE in materia, deve rimanere puro, il che significa che non si possono aggiungere altri ingredienti. Quando si mettono ingredienti come acqua o sciroppi di zucchero poco costosi per aumentare il volume del miele, si verifica l’adulterazione. Anche nel Regno Unito c’è un alto tasso di sospetta fraudolenza sul miele venduto. Secondo i ricercatori, è probabile che sia questo sia il risultato di miele prodotto in altri Paesi, come Messico, Ucraina e Brasile, e ulteriormente miscelato nel Regno Unito prima di essere riesportato nell’UE.

Sebbene questi vasetti di miele illegali siano venduti nei nostri supermercati, ai cittadini non viene fornita alcuna informazione sui prodotti in questione. Questo è assolutamente vietato. La frode alimentare è un crimine e se ne deve parlare apertamente per garantire che i cittadini sappiano cosa contiene il cibo che mangiano. In Europa esiste una forte regolamentazione alimentare per proteggere i consumatori. Tuttavia, il mercato europeo permette la vendita di prodotti poco controllati.

Oltre all’aggiunta di sciroppi di zucchero, il rapporto dell’UE segnala anche la presenza di additivi e coloranti e la falsificazione di informazioni tracciabili come la vera origine geografica del miele. Ora la Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea sta coordinando un’operazione di controllo su larga scala all’interno dell’Unione Europea, in collaborazione con 16 Paesi europei, oltre che con la Norvegia, la Svizzera e l’Ufficio Europeo Antifrode.

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