I pesticidi, dal latino pestis “malattia contagiosa” e caedere “uccidere, sterminare”, sono prodotti di sintesi che hanno la funzione di eliminare esseri viventi potenzialmente dannosi per la sopravvivenza e la produttività delle piante. Sono inclusi tutti i prodotti biocidi come fungicidi, erbicidi, ecc. spesso chiamati più bonariamente fitosanitari o prodotti fitofarmaceutici. Tuttavia, si sente spesso dire che l’uso agricolo e domestico dei pesticidi intacca in maniera più o meno diretta la nostra vita e quella di api e insetti utili causandone la moria e l’estinzione; ma quanto è realmente esteso il problema? quali soluzioni esistono?
Storia di un avvelenamento
Il primo caso accertato di avvelenamento si ha già nel 1881 negli Stati Uniti in seguito all’uso in un frutteto di arseniati di rame. Pochi anni più tardi il problema esplose anche in Italia in coincidenza dell’intensa campagna contro il Dacus oleae, la mosca delle olive, per mezzo di esche avvelenate a base di arseniati. Nel 1906 Antonio Berlese, uno dei maggiori entomologi italiani, portò sotto l’attenzione generale non solo l’ingente ecatombe di api ma anche il rischio che comportava la perturbazione del vigente equilibrio. Nel mondo agricolo si scatenò la polemica. Fra le tante cose emerse in quella diatriba vale la pena ricordare la ragionevolezza e l’attualità di una proposta con cui l’olivicoltore James Auget nel 1907 poneva fine alla questione (LIII: 586-590):
“.. pensiamo alle nostre api ed a tanti altri utili insetti la cui distruzione sarebbe un disastro per l’agricoltura! Illustri sperimentatori! ponete in vicinanza degli oliveti che trattate delle semplici arnie d’api: studiate gli effetti della vostra miscela sulle medesime e se la riconoscete innocua allora sta bene, ma se fosse micidiale fermatevi: se no farete come l’orso della favola, il quale per liberare un dormiente dalla mosca che lo infastidiva gli schiacciò la testa”.
Con l’avvento del ‘900 lo sviluppo di nuovi pesticidi viaggiò di pari passo con la ricerca chimica in campo bellico. Infatti, gli studi del tedesco Fritz Haber, padre delle armi chimiche usate nei conflitti mondiali, spianarono la strada alla produzione industriale di insetticidi. Ad esempio, il fosgene, gas tossico scoperto da Haber e impiegato nella Prima Guerra mondiale, viene tuttora utilizzato come composto in alcuni insetticidi; questo composto è il triste protagonista di uno dei disastri umanitari e ambientali più gravi della storia: nel 1985 in uno stabilimento industriale di pesticidi nella città di Bhopal, in India, vi fu un rilascio di 42 tonnellate isocianato, prodotto dal fosgene, inquinando l’ambiente circostante fino ai giorni nostri.
Con la “Rivoluzione Verde”, periodo tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta interessato da un aumento della produzione agraria, molti prodotti chimici , come organoclorati, organfosfati, DDT e diserbanti, trovarono largo impiego mostrando solo in seguito i loro drammatici effetti sull’uomo e sull’ambiente.
Diamo voce alle api
Ora noi conosciamo la pericolosità di molti pesticidi e l’effetto che hanno sugli impollinatori e quindi sulla biodiversità . Molti fitofarmaci sono stati sostituiti con prodotti più moderni con minore tossicità per l’uomo ma, non meno dannosi per gli insetti impollinatori . Infatti, l’uso di pesticidi è diminuito in tutto il mondo ma, negli ultimi 10 anni, il loro impatto sugli impollinatori è aumentato. Solo recentemente l’Unione Europea ha posto l’attenzione sui danni che i pesticidi causano in alcuni processi biologici alla base della biodiversità, eliminando dal mercato alcuni prodotti che avevano ridotto allo stremo le popolazioni di impollinatori: è del 2018 il divieto posto dall’UE sull’uso di tre nicotinoidi, imidacloprid, clothianidin e tiamethoxam, letali per le api. Questa decisione fa ben sperare per il futuro degli insetti utili ma di strada ce n’è ancora da fare; Se gli evidenti effetti letali di alcuni pesticidi sono stati tamponati, ora bisogna prendere in considerazione gli effetti cronici e sub-letali che causano alcuni principi attivi. Pesticidi considerati meno dannosi, hanno la capacità di indebolire e compromettere la famiglia d’api interessata. Molti , infatti , causano la morte prematura delle api adulte , indebolendone le difese immunitarie; altri , nello specifico i pesticidi microincapsulati ed aereosol, possono aderire alla peluria dell’ape e quindi , confondendosi con il polline, entrare nell’alveare avvelenando la regina e alle nuove nascite e compromettendo l’intera famiglia.
Cosa fare?
Nella salvaguardia degli impollinatori ognuno deve fare la sua parte; la collaborazione tra apicoltori, veterinari, agricoltori e produttori di fitofarmaci risulta fondamentale. L’agricoltore deve fare un uso corretto dei pesticidi, utilizzandoli solo quando necessari, non in fioritura, possibilmente la sera e in assenza di vento, per scongiurare la deriva dei trattamenti aerei; inoltre, può aumentare la difesa naturale dagli infestanti, aumentando la biodiversità nel suo appezzamento. L’apicoltore può mantenere in buona salute l’alveare riducendo i cofattori delle morie, posizionando correttamente l’apiario ed eliminando le scorte potenzialmente avvelenate. In ultimo , le ditte produttrici devono sforzarsi nel produrre pesticidi a bassa tossicità e assumersi la responsabilità anche nella fase post-vendita del ciclo di vita dei pesticidi.