Le api hanno la capacità di sintetizzare specifiche sostanze nutritive che supportano la colonizzazione dei loro batteri intestinali. In particolare, uno specifico batterio nell’intestino (“Snodgrassella alvi”) che non può metabolizzare lo zucchero necessario per crescere, riesce a colonizzare l’intestino delle api quando non sono ancora presenti altri batteri; questo avviene proprio grazie alla relazione simbiotica che si viene ad instaurare tra l’ospite e il microbiota intestinale delle api.
I batteri intestinali svolgono un ruolo importante per il loro ospite: forniscono energia degradando il cibo non digeribile, allenano e regolano il sistema immunitario, proteggono dall’invasione di batteri patogeni e sintetizzano molecole neuroattive che regolano il comportamento e la cognizione del loro ospite.
Snodgrassella alvi è un batterio specie-specifico che vive esclusivamente all’interno di un circoscritto tratto del canale digerente delle api ed è indispensabile agli insetti per digerire il miele e il polline: si è co-evoluto con le api e ha stretto un rapporto simbiotico aiutando questi insetti non solo nel processo nutritivo ma anche regolando il funzionamento del sistema immunitario. Si tratta di un batterio fondamentale per la sopravvivenza delle api (può rappresentare fino al 40% della microflora intestinale) ma si trova anche in molte specie di api mellifere, api senza pungiglione e bombi.
Misurando i metaboliti nell’intestino, si è scoperto che l’ape sintetizza diversi acidi (tra cui acido citrico, malico e 3-idrossi-3metilglutarico) che vengono esportati nell’intestino: questi acidi risultano meno abbondanti quando sono presenti i batteri. Per dimostrare che l’ape consente direttamente a S. alvi di colonizzare il suo intestino fornendo i nutrienti necessari, le api prive di microbiota hanno ricevuto una dieta speciale a base di glucosio, in cui gli atomi di carbonio 12C naturali nel glucosio sono stati sostituiti con gli isotopi marcati 13C. Una volta colonizzate le api con S.alvi, l’immagine bidimensionale degli atomi nell’intestino dell’ape, ha mostrato che le cellule di S.alvi sono significativamente arricchite di 13C. Quindi, le api metabolizzano gli zuccheri presenti nella loro dieta e li convertono in acidi organici che vengono espulsi nell’intestino, dove il microbiota nativo li utilizza come energia. Questo stretto legame metabolico tra l’ospite e i suoi microbi può spiegare perché le api hanno un microbioma così distinto, specifico e stabile.
Allo stesso tempo, con queste scoperte, diventa necessario rivalutare l’impatto dei fattori di stress sulle api ed identificare le interazioni tra i pesticidi e il loro intero microbiota intestinale; cambiamenti nel loro habitat, infatti, mettono in pericolo la delicata relazione simbiotica ospite-microbiota intestinale. Stress dovuti ad agenti patogeni e pesticidi emergenti sono già stati collegati alla disbiosi intestinale e a cambiamenti nelle abitudini di foraggiamento, ma potrebbero potenzialmente alterare anche il legame tra i nostri più grandi impollinatori e la produzione alimentare.