Il declino delle api e degli altri impollinatori selvatici in natura

Il mondo degli impollinatori è estremamente vasto e comprende animali anche molto diversi tra loro. Sono impollinatori non solo tutte le oltre 20.000 specie di api mellifere e solitarie esistenti e diverse specie di imenotteri (ad esempio le vespe), ma anche farfalle, sirfidi e coleotteri, come coccinelle, maggiolini, scarabei e mosche. Sono considerati impollinatori anche altri insetti, come acari e ragni, alcuni uccelli (si pensi al colibrì), e addirittura alcuni mammiferi (tra questi, il pipistrello).  

Per impollinatori selvatici si intendono tutte le specie di insetti che in natura si spostano di fiore in fiore alla ricerca di polline e nettare, permettendo inconsapevolmente uno dei processi più importanti per la vita sulla terra: la riproduzione delle piante.  La maggior parte degli insetti impollinatori è selvatica, ma alcune specie vengono allevate in ragione del loro valore economico. È il caso delle api da miele (Apis mellifera). Da sempre l’uomo concentra i suoi sforzi per sviluppare tecniche sempre più efficienti di apicoltura, con l’obiettivo di estrarre il massimo profitto dall’allevamento delle api da miele. Allo stesso tempo, si distoglie sempre di più l’attenzione dalle popolazioni di impollinatori selvatici, che si trovano ora ridotte al minimo di esemplari o in pericolo di estinzione. 

Nel 2016, dalla valutazione globale dello stato degli impollinatori è emerso che gli impollinatori selvatici sono in netta diminuzione, minacciati dall’attività antropica, tra cui gli effetti del cambiamento climatico.  Secondo lo stesso report, tra le principali cause del declino si annoverano la perdita di biodiversità dovuta al passaggio di molti terreni all’agricoltura intensiva e all’uso di prodotti chimici inquinanti. 

Un caso specifico di impollinatore minacciato, quando non gestito dall’uomo, è quello del bombo (Bombus). Le circa 250 specie di bombo conosciute si trovano prevalentemente nelle regioni temperate dell’emisfero settentrionale. Eppure, in queste zone si sta registrando un calo drammatico del numero di esemplari selvaggi.

Allo stesso tempo, il bombo è sempre più impiegato dall’uomo nell’agricoltura intensiva, soprattutto quella che fa uso delle serre. I bombi sono impollinatori di colture molto apprezzati, principalmente a causa della loro capacità di termoregolazione (che consente loro di foraggiare a temperature più fresche rispetto alla maggior parte degli altri insetti) e delle loro dimensioni relativamente grandi (che forniscono un’ampia superficie per la raccolta del polline). La produzione commerciale dei bombi ha portato ad un boom nel loro utilizzo, ma la tendenza dominante è quella osservata in precedenza: i bombi selvaggi in natura sono sempre meno. 

Quello che può sembrare un controsenso, trova una spiegazione nel momento in cui si considera che le regioni temperate dell’emisfero settentrionale ospitano gran parte della popolazione mondiale e le regioni agricole più intensive. Infatti, il declino di molte specie di bombi è probabilmente attribuibile in gran parte alla perdita di biodiversità delle risorse floreali e all’utilizzo su larga scala di erbici e pesticidi. 

Di recente è stato dedicato uno studio ad un caso specifico di scomparsa di esemplari di bombi nel sud dell’Inghilterra. In questa zona, tre specie di bombi (B. humillis, B. ruderatus e B. subterraneus) hanno visto le loro popolazioni ridursi dal momento in cui le piante foraggere (di cui queste specie si nutrivano) sono state sostituite da fertilizzanti chimici.

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