Durante le loro esplorazioni alla ricerca di cibo, le api non raccolgono solo nettare dai fiori, ma anche le tracce genetiche di molti organismi che vivono in quell’ecosistema. Riordinare tutti i frammenti di informazioni che le api portano con sé non è cosa facile, poiché bisogna intercettare a quale organismo corrisponda ogni singolo frammento genetico. In questo frangente ci viene in aiuto la bioinformatica.
Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna è riuscito ad ottenere una serie di informazioni sugli organismi presenti nella zona in cui il miele è stato prodotto tramite l’impiego di un metodo innovativo di analisi del DNA ambientale (in inglese environmental DNA, o abbreviato eDNA). Il professor Luca Fontanesi, dedicatosi nel tempo a vari temi di ricerca legati alla genomica animale, si è occupato della coordinazione del gruppo di ricerca composto da Samuele Bovo, Anisa Ribani, Valerio Joe Utzeri e Giuseppina Schiavo, con la collaborazione di Francesca Bertolini della Technical University of Denmark.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, si presenta con un titolo lungo che spiega bene il suo oggetto: Shotgun metagenomics of honey DNA: Evaluation of a methodological approach to describe a multi-kingdom honey bee derived environmental DNA signature (volendo proporre una traduzione “Genomica ambientale del DNA del miele: Valutazione di un approccio metodologico per la descrizione della firma genetica ambientale trasmessa dall’ape al miele”)
Come si può dedurre dal titolo, i ricercatori hanno testato un metodo per l’analisi delle sequenze di DNA contenute nel miele, applicandolo a due diversi tipi di miele (mieli di agrumi e di eucalipto). Per fare ciò hanno impiegato la tecnica di sequenziamento Ion Torrent, la quale permette di sequenziare più campioni contemporaneamente, riducendo il tempo di analisi, e al contempo di ottenere un numero dati notevole, se paragonato ad altre tecniche.
A conclusione dell’esperimento hanno espresso come tale metodo possa tornare utile in futuro per ulteriori ricerche in quanto permetterebbe di dare risposte concrete a più domande in un sol colpo.
Nello specifico, a partire dal miele si possono recuperare informazioni sullo stato di salute delle api e delle piante, come anche informazioni su altri insetti (es. gli insetti produttori di melata), e poi su funghi, batteri, parassiti e virus, i quali sono tutti potenziali cause di malattie sia per le api sia per le varie colture agrarie da cui esse traggono nutrimento.
In secondo luogo, questo metodo fornisce un ulteriore mezzo di monitoraggio dell’ecosistema di cui le api sono parte. Esso può fornire una prova genetica dell’origine del miele, il che a sua volta aiuterebbe a smascherare tentativi di frodi alimentari, garantendo così una maggiore tutela per il consumatore.
Altro risvolto positivo di questo tipo di analisi riguarda le tracce di fitosanitari, dando così un ulteriore strumento di controllo sull’uso dei pesticidi da parte degli agricoltori. Si può inoltre trovare traccia di determinati lieviti che contribuiscono allo sviluppo delle proprietà benefiche del miele, come ad esempio il suo effetto antibiotico.