Il biomonitoraggio ambientale è una pratica essenziale per valutare lo stato di salute degli ecosistemi. Utilizza alcuni organismi, detti bioindicatori, capaci di avvertire le alterazioni dell’ambiente in cui vivono. Tra gli altri bioindicatori, le api emergono come eccellenti sentinelle biologiche.
Il loro ciclo di vita e i loro prodotti raccolgono e conservano informazioni sugli squilibri che alcuni fattori chimici inquinanti creano nell’ecosistema. Questo fa di loro delle alleate preziose nella salvaguardia della biodiversità e nella promozione di uno sviluppo sostenibile.
Lo studio delle api come bioindicatori
Le api svolgono un ruolo fondamentale nel rilevare il danno chimico nell’ambiente in cui vivono. Da oltre trent’anni, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) dell’Università degli Studi di Bologna, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Apicoltura, conduce ricerche approfondite sul rapporto tra api e pesticidi.
L’impiego delle api nel monitoraggio ambientale non è una pratica nuova. Già nel 1935, Jaroslav Svoboda, ricercatore all’Istituto per le ricerche in apicoltura di Libcice, in Cecoslovacchia, segnalò gli effetti negativi degli inquinanti industriali sulle api. Successivamente, numerose esperienze hanno confermato l’efficacia di questi insetti come indicatori di contaminanti ambientali.
Molte riserve naturali e aree protette italiane utilizzano oggi le api per il biomonitoraggio ambientale. È il caso del parco Naturale Regionale del Sasso Simone e Simoncello e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Perché le api?
Sono diverse le caratteristiche morfologiche ed etologiche delle api che le rendono ottimi rilevatori ecologici. Innanzitutto, le api sono presenti quasi ovunque, è possibile per l’uomo allevarle e non hanno grandi esigenze alimentari o elevati costi di gestione.
Il primo aspetto importante per le api come bioindicatori è la loro alta sensibilità agli insetticidi. Questi possono essere rilevati quando sono sparsi impropriamente in tutti i settori ambientali che le api perlustrano (terreno, vegetazione, acqua, aria). Un altro aspetto rilevante è l’anatomia dell’ape: il suo corpo, coperto di peli, la rende particolarmente adatta ad intercettare i materiali e le sostanze con cui entra in contatto. Inoltre, l’alto tasso di riproduzione e una vita media relativamente corta inducono una veloce e continua rigenerazione nell’alveare.
Infine, la loro elevata mobilità e il loro vasto raggio di volo consentono alle api di coprire un’ampia area territoriale, fornendo dati significativi sulla salute di vaste porzioni di ecosistemi.
Il ruolo attivo delle bottinatrici
Le bottinatrici, che costituiscono circa un quarto della popolazione delle api in un alveare, sono responsabili di raccogliere all’esterno tutto ciò di cui la famiglia ha bisogno per potersi sviluppare. Ogni giorno, ogni bottinatrice compie in media una decina di viaggi, coprendo un’area di circa 7 km².
Secondo uno studio, una colonia di api effettua 10 milioni di microprelievi ogni giorno, senza considerare il trasporto di acqua che nelle giornate calde può raggiungere anche mezzo litro (Pinzauti e Felicioli, 1998).
A differenza di altri bioindicatori, perlopiù immobili, l’ape si può definire un sensore viaggiante. L’ape frequenta attivamente il territorio, preleva dei campioni di sostanze eventualmente contaminate, si contamina a sua volta e torna all’alveare.
Che informazioni si ottengono dall’analisi della vita delle api?
Le api forniscono due serie di informazioni cruciali sull’ambiente circostante. Da un lato, l’alta mortalità o l’assenza di api in un territorio può indicare la presenza di inquinanti chimici, come insetticidi e pesticidi agricoli.
Dall’altro, sia nei loro corpi che nei prodotti dell’alveare, possono essere rilevati residui di agrofarmaci e altri agenti inquinanti, come metalli pesanti o radionuclidi.
Inoltre, i dati che si ottengono dal biomonitoraggio ad opera delle api si riferiscono all’intera area esplorata (in un raggio di circa 7 km² intorno all’alveare), e non ad un solo punto (come avviene nei metodi strumentali, come le centraline automatiche per gli inquinanti atmosferici). Perciò, con un limitato numero di stazioni si possono controllare vaste aree.
Applicazioni pratiche e prospettive future
Oggi, il biomonitoraggio tramite api e impollinatori è sempre più utilizzato grazie allo sviluppo di arnie urbane e apiari cittadini, per costruire città smart. Questo tipo di città gestisce le risorse in modo intelligente ed è attenta ai bisogni dei propri cittadini. L’idea è che solo una città verde, a misura d’ape, sia vivibile e sostenibile.
Monitorare la qualità di acqua, aria, terreno e vegetazione permette di tenere controllati l’inquinamento ambientale delle città e i processi di coltivazione dei prodotti della filiera alimentare, per garantire una migliore qualità della vita per i cittadini. Il biomonitoraggio ambientale consente sia di misurare lo stato ambientale e pianificare soluzioni, che di sostenere attività socialmente ed economicamente utili, come l’apicoltura urbana.
Beeing x biomonitoraggio tramite le api
Noi di Beeing abbiamo sviluppato un progetto di biomonitoraggio della qualità dell’aria con le api, mellifere e selvatiche, a fare da bioindicatore.