Approvato il primo vaccino al mondo per le api da miele

La “PESTE AMERICANA”, è la più grande e diffusa patologia infettiva che colpisce la covata di un alveare. L’agente responsabile di questa malattia, è un batterio sporigeno il Paenibacillus larvae, che causa notevoli perdite economiche per l’apicoltura.

Le spore prodotte da questo batterio, sono in grado di resistere per diversi minuti ad una temperature di 100°C inoltre, dopo circa trenta minuiti all’interno di un ambiente adatto, produce il bacillo che dopo solo 24 ore nelle quali si è moltiplicato, riesce ad originare altri 250 milioni di nuovi bacilli.

Le spore di questa patologia, possono restare attive per più di 30 anni all’interno di un arnia.

È stato accertato che prima di vedere comparire I primi sintomi della malattia, occorrano almeno 50 milioni di spore. Un numero abbastanza elevato, ma in realtà non tanto, in quanto basti pensare che una larva, morta di peste americana, contiene al suo interno più di 3 miliardi di spore.

SINTOMATOLOGIA:

  • Elevata mortalità della covata: la covata si presenta non compatta con opercoli più scuri e infossati o forati al centro. Si può percepire anche un odore fetido e acido tipico di questa malattia.
  • Perdita della colorazione bianco perlacea delle larve: le larve tendono a diventare dapprima di una colorazione giallastra assumendo poi una colorazione nocciola e una consistenza vischiosa e deliquescente dovuta all’azione di alcuni enzimi del batterio.
  • Larva morta ed essiccata: dopo 6/7 settimane dal contagio, le larve ormai morte, si presentano essiccate e attaccate alla parete della celletta sottoforma di scaglie contenenti una grande quantità dii spore.

La diagnosi di questa malattia, può essere effettuata semplicemente all’associazione dei sintomi con la “prova dello stecchino” che consiste nell’inserire uno stecchino all’interno di una celletta infetta contenente la larva morta, se nel ritirarlo fuori si forma un filamento vischioso color nocciola allora molto probabilmente l’arnia è infetta. Nei casi più dubbi si può ricorrere a kit presenti in commercio o a laboratori di microbiologia specializzati.

L’unico rimedio ritenuto efficace ad oggi per debellare la peste americana è, purtroppo, la distruzione dell’alveare e del nido. Ma il 2023 parte con una buona notizia per gli apicoltori, soprattutto quelli americani, in quanto il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha concesso una licenza per un vaccino creato dalla Dalan Animal Health, una società biotecnologica statunitense, per aiutare a proteggere le api mellifere dalla peste americana.

abeilles sur nid d'abeille

 

Le api, come tutti gli invertebrate, possiedono un Sistema immunitario differente da quello umano, infatti non possiedono le cellule immunitarie ma molecole antimicrobiche e meccanismi di confinamento della malattia, rende tutto ancora più interessante la capacità degli insetti di trasmettere alla progenie l’immunità ad un patogeno attraverso un fenomeno definito transgenerational immune priming.

I ricercatori, hanno infatti sfruttato quest’ultimo fenomeno a loro vantaggio, studiando un approccio non invasivo per immunizzare l’ape regina.

Nel 2014, un Gruppo di ricercatori aveva dimostrato che la progenie proveniente da un’ape regina alla quale erano stati iniettati batteri morti di P. larvae, nasceva con una resistenza migliore alla malattia, anche se quest’approccio era pericoloso per la regina stessa. Sfruttarono quindi il comportamento sociale delle api, arrivando così all’idea di far si che la regina assumesse una pappa reale contenente batteri morti di P. larvae.

SOMMINISTRAZIONE DEL VACCINO

  1. Vaccino mescolato con il candito
  2. Le api si nutrono del candito contenente il vaccino formando così una pappa reale contenente lo stesso vaccino
  3. Con questa pappa reale “modificata” le api della corte nutrono la regina
  4. La regina digerendo la pappa reale trasferisce Il vaccino nelle ovaie.
  5. Il vaccino, a questo punto, è stato trasferito a tutte le api del nido
  6. Le larve nate sono vaccinate e quindi più resistenti all’aggressione del batterio P. larvae

I ricercatori hanno quindi dimostrato come la somministrazione non interferisca con la vitalità della regina ne con la qualità del miele. Inoltre il vaccino può essere somministrato dall’apicoltore stesso che conosce bene le buone pratiche apistiche.

Fonti:

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