Dopo aver trovato del nettare o altri cibi, le api tornano all’arnia e iniziano la tipica danza a forma di otto per comunicare alle altre compagne dove quel cibo è stato trovato. Questa danza ha un andamento ‘scodinzolante’ ed è ripetuta diverse volte lungo un favo verticale all’interno dell’arnia. L’angolo che forma con il favo verticale indica alle altre api la direzione in cui procedere rispetto alla direzione del sole, mentre la lunghezza del suo ondeggiamento indica la distanza da percorrere.
Considerando che la danza delle api è un mezzo per indicare le fonti di cibo all’intera colonia, verrebbe da pensare che questa venga calibrata con precisione. Tuttavia, le ricerche condotte nell’Università del Sussex dal gruppo di ricerca composto dai coniugi Roger Schürch and Maggie Couvillon dimostrano il contrario. Secondo questi ricercatori, il codice di questa danza sembra addirittura variare da ape ad ape.
I ricercatori hanno addestrato le api di tre diverse colonie nel raggiungere cinque scatole contenenti del cibo. Le scatole sono state disposte ad una distanza tra i 200 e i 400 metri dall’arnia. Gli scienziati hanno usato dei contrassegni per poter distinguere le api più facilmente, dopo di che hanno lasciato che andassero a raccogliere l’acqua zuccherata contenuta nelle scatole così da poter osservare in che modo ognuna, dopo essere tornata all’arnia, avrebbe comunicato con le compagne.
I ricercatori hanno osservato un totale di 753 danze da parte di 75 api diverse e hanno prestato particolare attenzione alla lunghezza di ogni movimento di danza, il quale rappresenterebbe la distanza tra l’arnia e la scatola. Se fosse stato individuato un codice di comunicazione comune a tutte le api, si sarebbe potuto stabilire, per esempio, che l’ampiezza di un movimento di danza della durata di un quarto di secondo corrisponde ad una distanza di 100 metri dalla fonte di cibo. Ma i ricercatori si sono trovati davanti ad uno scenario completamente diverso, annotando che “ogni ape ha una propria calibrazione”.
Per esempio un’ape ha raggiunto una scatola a 210 metri di distanza dall’arnia, dopo di che ha eseguito una danza della durata di 0,4 secondi. Stando, però, all’interpretazione di una seconda ape, il rapporto tra distanza e tempo di ondulazione della danza indicherebbe che la scatola si trova a 320 metri di distanza, ovvero ad una distanza del 50% più lunga.
Gli autori non escludono la possibilità che le api impiegate in questo studio avessero dei codici di danza particolarmente discordanti tra di loro, forse a causa del fatto che le colonie avessero origini genetiche miste. Ciononostante, anche altri esperimenti con altre api hanno riportato che la danza delle api non fosse molto precisa. Schürch dice che “l’efficienza della comunicazione tramite la danza è molto bassa”.
Schürch propone una situazione ipotetica in cui un gruppo di api osservano una loro compagna danzare, per poi partire alla ricerca della fonte di cibo. In questo studio i ricercatori si sono concentrati sull’ampiezza dei movimenti di danza, tralasciandone l’angolo. Ciononostante, Schürch sostiene che sia possibile evincere da studi precedenti che anche l’angolo è soggetto ad un certo grado di variazione.
Schürch continua dicendo che in ogni caso la maggioranza delle api raggiungerà un punto nelle vicinanze della fonte indicata, e anche se non si trovano tutte nello stesso punto, sono poche le api che si perderanno completamente. Che un’ape sia di ritorno da una prateria da fieno o da una foresta, non cambia il fatto che le sue indicazioni, per quanto approssimative, porterebbero buona parte delle sue compagne verso le fonti di cibo.
In definitiva, Schürch afferma che nonostante l’imprecisione, la danza delle api è comunque sufficiente per la loro sopravvivenza, e che quindi il loro modo di ballare non è poi così male.