Pillole di biodiversitá, parla Giorgio Sperandio: un ricercatore in entomologia ed ecologia dell’Università degli Studi di Brescia

I: Come si chiama e qual è il suo ruolo?

G: Sono Giorgio Sperandio, un ricercatore in entomologia ed ecologia dell’Università degli Studi di Brescia.

I: Potrebbe dirci stile tweet, qual è il tuo ambito di ricerca?

G: Mi occupo dello sviluppo di modelli applicati in ambito ecologico ed entomologico. Questi strumenti ci permettono di investigare aspetti importanti legati alla biologia e all’ecologia degli insetti. Ad esempio, ci permettono di studiare in che modo gli insetti sono influenzati dall’ambiente in cui vivono oppure prevedere la loro distribuzione e abbondanza in un territorio. Questi strumenti possono essere utilizzati per supportare la gestione di varie problematiche connesse agli insetti, come ad esempio, la gestione di una colonia di api oppure la gestione di insetti parassiti delle piante.

I: Quando era piccolo, cosa sognava di diventare quando sarebbe diventato grande? 

G: Diciamo che io sono cresciuto con film quali Jurassic Park e Indiana Jones per cui probabilmente anche questi film hanno influenzato il modo in cui volevo approcciarmi al mio futuro lavoro. Ho sempre avuto un animo da esploratore e da amante della natura. Sin da piccolo mi divertivo a raccogliere insetti e piante per una mia collezione personale e quindi in realtà mi considero un appassionato della natura da sempre. Con gli studi ho avuto modo di incrementare e approfondire le mie conoscenze riguardo i vari aspetti della natura. 

I: É andata così o le cose sono cambiate?

G: Immaginavo un lavoro più di campo e invece oggi faccio un lavoro più da ufficio, al computer sviluppando modelli. E’ un lavoro molto interessante poiché mi permette di sfruttare le mie conoscenze in biologia ed ecologia e mi permette di collaborare con esperti di varie discipline (matematici, statistici ecc.), Il mio “Me Bambino” può ritenersi abbastanza soddisfatto!

I: Potrebbe dirci due ambiti di ricerca che secondo lei sono interessanti?

G: Sicuramente sono molto interessato alla biologia evolutiva dove si studia l’evoluzione del vivente a partire dalla singola cellula fino a tutti i diversi gruppi di organismi che possiamo osservare oggi. E poi direi l’ecologia, grazie alla quale studiamo le relazioni esistenti all’interno di un ecosistema, ad esempio, le interazioni esistenti tra diverse popolazioni di organismi (predazione, competizione ecc.) ed il ruolo delle condizioni ambientali.

 

 

I: Secondo lei, qual è oggigiorno la principale minaccia contro gli impollinatori in generale?

G: Forse non si può parlare di una singola minaccia ma di molteplici minacce. La frammentazione e la riduzione degli habitat utili a questi organismi sta causando una riduzione delle risorse a disposizione per gli impollinatori (nettare, polline ecc.). L’inquinamento e l’uso di prodotti fitosanitari possono causare effetti avversi legati alla sopravvivenza ed alla presenza degli impollinatori. Anche il cambiamento climatico rappresenta un problema, poiché influenza negativamente il delicato equilibrio esistente tra pianta e impollinatore. Inoltre vi è anche la minaccia causata da specie invasive (introdotte anche grazie alle attività umane) e parassiti. La tutela degli impollinatori è un problema molto complesso che richiede diverse conoscenze in diversi ambiti.

I: Se lei avesse un budget di un milione di euro come lo userebbe per aiutare gli impollinatori? 

G: Uno dei principali problemi è che non abbiamo delle metodologie armonizzate per monitorare lo stato degli impollinatori (e degli insetti in generale). Questo non ci permette di avere un quadro preciso della situazione e quindi di poter intraprendere delle misure di tutela adeguate. Investirei questi soldi per creare delle metodologie di monitoraggio armonizzate che ci permettano di quantificare lo stato di salute di una comunità di impollinatori e quindi anche di valutare come diversi approcci di gestione del territorio possono favorire o meno la loro presenza.

I: Secondo lei, quale scoperta scientifica si potrebbe realisticamente raggiungere nei prossimi 5-10 anni che potrebbero avere un grande impatto nella protezione degli impollinatori nel suo ambito?

G: A volte 5-10 anni non sono sufficienti per risolvere problematiche di tale portata. In generale, è necessario tutelare la presenza degli impollinatori, in quanto fondamentali per il mantenimento delle funzionalità di un ecosistema. A livello europeo si sta investendo molto nella creazione di nuove aree protette, nel ripensare il nostro modo di fare agricoltura e quindi creare degli agroecosistemi più sostenibili, resilienti e diversificati, per favorire la presenza degli impollinatori. Penso che con le nuove politiche Europee, come ad esempio il Green Deal, si stia andando verso questa direzione e quindi mi aspetto degli impatti positivi sullo stato degli impollinatori nei prossimi 5-10 anni.

I: Qual è il suo insetto preferito?  

G: Diciamo che sono un po’ di parte. Ho iniziato la mia carriera lavorativa studiando le api domestiche e quindi se volessi trovare un gruppo di insetti preferito direi gli insetti sociali. Sono rimasto molto affascinato da questi organismi proprio perché ho avuto modo di studiare come funziona una colonia di api. Una colonia può essere considerata come un superorganismo, ove le api, che sono le cellule di questo organismo, coordinano le proprie azioni in base alle necessità della colonia: allevare prole, ricercare cibo, mantenere la colonia alla giusta temperatura ecc. E’ affascinante osservare come la salute di una colonia sia mantenuta grazie al lavoro coordinato dei singoli individui.

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