I profumi dei fiori, un linguaggio da conservare

Segnali di (pro)fumo

Le piante adottano anche una strategia olfattiva di attrazione. infatti, il profumo che noi apprezziamo avvicinandoci ai petali di alcuni fiori è una miscela più o meno complessa di composti organici volatili a basso peso molecolare e costituisce un fondamentale messaggio chimico per gli impollinatori. Le piante emanano questo richiamo per avvertirli che c’è del nettare che li aspetta in cambio del trasporto del polline , palesando la propria posizione geografica.

Inoltre, anche il profumo costituisce un fattore di selettività : quanto più l’odore è composto da molteplici aromi, tanto più il fiore sarà gradito ad un maggior numero di impollinatori e, viceversa, meno aromi vengono emanati, meno insetti saranno attratti dal fiore. Tuttavia non tutti gli insetti impollinatori sono in cerca di dolce nettare. Singolare è l’esempio della strategia adottata dalla pianta di aro titano; questa particolare pianta appartenente alla famiglia delle Araceae sviluppa una grossa infiorescenza che rilascia un odore sgradevole per attirare e farsi impollinare da mosche della carne e i coleotteri che mangiano carogne.

Un’altra strategia interessante è quella di alcune piante in grado di generare calore. Questo fenomeno, chiamato termogenesi , è un metodo attrattivo efficace ma molto dispendioso per la pianta; alcune specie di piante a fioritura notturna (come la Victoria Amazonica), attraverso il calore, attirano insetti in cerca di un rifugio caldo, coinvolgendoli nel processo di impollinazione. Una strategia diversa è adottata dall’Amorphophallus Titanum, pianta che diffonde il suo odore a grande distanza grazie alla temperatura del fiore maggiore di quella atmosferica.

Messaggi elettrici

La più particolare strategia di attrazione è stata portata alla luce dagli studi di Dominic Clarke et al. Nel 2013. Le sue ricerche hanno evidenziato che esiste un complicato sistema di comunicazione basato sulle differenze di potenziale elettrico tra il fiore e il suo impollinatore; Da questi studi infatti è emerso che gli insetti volanti, compresi gli impollinatori, di solito possiedono un potenziale elettrico positivo, mentre i fiori mostrano spesso un potenziale negativo. Questa differenza di potenziale genera un campo elettrico tra i fiori e insetti che favorisce l’adesione del polline alla peluria degli insetti . Non solo: Clarke ha scoperto anche che gli impollinatori possono rilevare e imparare ad utilizzare i campi elettrici floreali per valutare di che entità è la ricompensa fiorale; infatti i fiori variano il loro potenziale elettrico in base a quanto polline hanno sugli stami permettendo così agli impollinatori di riconoscere e selezionare i fiori più ricchi di nettare e polline. Questi studi dimostrano come anche i campi elettrici siano un’importante via di comunicazione tra pianta e impollinatore. La caratteristica interessante di questo linguaggio elettrico è la rapidità: la scala temporale a cui vengono scambiate informazioni è nell’ordine di millisecondi.

 

 

Queste tipologie di segnali floreali possono agire individualmente o in complementarità. Quando questi tre livelli di comunicazione si uniscono in un unico segnale ricevibile da più sensori dell’impollinatore e quest’ultimo avrà una maggiore certezza percettiva nel selezionare i fiori a cui far visita.

 

 

Questa silenziosa conversazione tra piante e impollinatori sviluppata nel corso dei millenni ha portato a legami profondi che costituiscono un esempio alternativo di lotta per la sopravvivenza dove l’aiuto reciproco prende il posto della sopraffazione!

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